Quaderni

QUADERNI DI «PAIDEIA»

Direttore: GIUSEPPE GILBERTO BIONDI

Vice Direttore: GIUSEPPINA ALLEGRI

 

n. 15
MARIELLA BONVICINI, Il novus libellus di Catullo. Trasmissione del testo, problematicità della grafia e dell’interpunzione, Cesena 2012, pp. 184, Euro 32,00, ISBN 978- 88-96240-15-1.

Il libro vuole percorrere l’iter di un testo classico dalla formazione alla trasmissione nel corso dei secoli. A tal fine si illustrano le vicissitudini del novus libellus catulliano dal suo apparire fino all’avvento della stampa e i caratteri delle varie epoche nei loro riflessi sulla storia del libro. La seconda parte affronta i problemi della grafia dei carmi catulliani nei codici e nelle edizioni moderne, passando in rassegna, sulla base dei pochi dati storici a nostra disposizione, le varie grafie tràdite e le scelte degli editori. Il capitolo sulla punteggiatura a partire dalla scriptio continua segue il progressivo inserimento dei diversi segni interpuntivi fino all’avvento della stampa, quando la punteggiatura è divenuta ormai molto simile alla nostra. Due argomenti questi ultimi meno consueti e nondimeno tutt’altro che trascurabili dal punto di vista della storia della cultura e della filologia catulliana.

 

n. 16
Il carme 67 di Catullo, introduzione, edizione critica, traduzione e commento a cura di ORAZIO PORTUESE, Cesena 2013, pp. 417, euro 39,00, ISBN 88-96240-39-7.

Fra i carmina docta del Liber catulliano il carme 67 occupa una posizione di rilievo per la complessità della tradizione testuale e l’enigmaticità tematica che ne rende particolarmente ardua l’esegesi. Oscura è la sua trama, incentrata sul dialogo tra la porta di una casa e un misterioso interlocutore su alcuni pettegolezzi riguardanti una famiglia non meglio identificata; non chiara la definizione del suo genere letterario, a causa della dotta mixtio di motivi riconducibili ora all’epigramma, ora alla tradizione del paraclausithyron, ora al filone della diffamatio e della fescennina iocatio; assai dubbia la divisio del testo rispetto al precedente carme 66, al quale numerosi manoscritti lo accorpano senza soluzione di continuità. Il volume offre una nuova edizione critica del carme, fondata su una collatio integrale di tutti i codici catulliani, su un’estesa ispezione delle edizioni a stampa e su un’indagine dei marginalia presenti in molte di esse. Un riesame complessivo della tradizione, che unitamente agli spunti critici offerti dalla più recente bibliografia catulliana, ha permesso di rintracciare in due codici umanistici una diversa constitutio textus, consistente nell’individuazione del v. 3 come probabile, autentico incipit del carme, e nella conseguente interpretazione dei vv. 1-2 come chiusa del carme 66. Un’ipotesi dalla quale discende un’esegesi complessivamente nuova del carme, che rivela – sotto questa nuova luce – rapporti con la tradizione greca più originali che in altri carmina del Liber: l’ampia introduzione del volume, il commento perpetuo e una proposta di traduzione mostrano come il testo si muova fra la parodia della tradizione innodica, la contaminazione di motivi comici (quale la prosopopea della ianua) con topoi di matrice tragica (quale il tema del ‘rischio’ che una casa possa prendere la parola e rivelare i segreti che vi sono custoditi) e il rovesciamento retorico della tradizione eziologica.

 

n. 17
VIRGILIO, Georgiche, libro secondo, traduzione con testo a fronte di ALFREDO GHISELLI; prefazione di CARLO GALLAVOTTI; note di MAURO LASAGNA, Cesena 2013, pp. 95, euro 19,00, ISBN 978-88-96240-40-3.

Il testo propone il rifacimento in prosa della traduzione del II libro delle Georgiche che l’autore aveva redatto in endecasillabi e stampato nel 1942, agli albori della sua carriera. La traduzione, particolarmente attenta alla resa delle suggestioni del testo di partenza, è accompagnata dalle note del prof. Mauro Lasagna, volte a spiegare sul piano tecnico nomi, operazioni, situazioni, caratteri della vegetazione ecc.  Chiudono il libro, sempre ad opera del prof. Lasagna, un glossario e l’articolo Vino, uva e vite in Virgilio.

 

n. 18
SABINA TUZZO, La poesia dei clerici vagantes. Studi sui Carmina Burana, Cesena 2015, pp. 243, euro 38,00, ISBN 978-88-96240-52-6.

L’antologia dei Carmina Burana, tramandata dal Codex Latinus Monacensis 4660 o Codex Buranus, redatto nel primo trentennio del XIII secolo e proveniente dall’abbazia bavarese di Benediktbeuern, l’antica Bura Sancti Benedicti, contiene numerosi carmi dedicati al tema amoroso, in particolare nella seconda parte della raccolta (canti 56-186). Si può dire che queste liriche d’amore, nate in un’epoca in cui fiorisce e si sviluppa in modo massiccio la poesia amorosa, rappresentano una summa dei topoi erotici esplorati in tutte le sfaccettature di un’ampia e variegata casistica: gioie e pene d’amore, scappatelle erotiche e pastourelles, amore e natura. In questo contesto il rapporto tra individuo e natura si fa sempre più intimo, l’uomo diventa parte della natura, che viene rappresentata in modo trasfigurato e idealizzato, disegnando un paesaggio idillico, dove vige eterna bellezza, fertilità e un’armonia quasi divina. Il tema del paesaggio occupa un posto fondamentale nella poesia dei Carmina Burana e traspare dentro una visione più ampia, nella quale ai tratti del locus amoenus con la bellezza della campagna attraversata dal rigoglio primaverile o dagli esordi dell’estate si accompagnano i temi erotici delle gioie e dei dispiaceri d’amore. Lo scenario suggestivo e naturale non si rivela soltanto un paesaggio letterario, perché in quest’ambiente rurale, florido e sereno, uomini e donne sentono risvegliare i loro istinti e l’amore sembra trasformarsi in un ritorno all’ar­monia e alla beatitudine della natura, che diventa una meta di evasione e in certo senso la metafora di un ethos erotico.

n. 19
ALFONSO TRAINA, Il fiore reciso. Sentieri catulliani, Cesena 2015, pp. 259, euro 25,00, ISBN 978-88-96240-64-9.

L’Autore raccoglie per la prima volta in un unico volume i suoi articoli e recensioni di argomento catulliano: a partire dall’importante saggio sul carme 72 di Catullo, Catullo e gli dei. Il carme LXXVI nella critica più recente, all’origine stampato sulla rivista «Convivium» 22, 1954, pp. 358-368, fino alla celebre Introduzione al Catullo della B.U.R., tradotto da Enzo Mandruzzato, risalente al 1982 e più volte ristampato.

 

n. 20
MARCO FERNANDELLI, Chartae laboriosae. Autore e lettore nei carmi maggiori di Catullo (c. 64 e 65), Cesena 2015, pp. VII, 248 p., euro 38,00, ISBN 978-88-96240-65-6.

Questo studio prende in considerazione due carmi catulliani di grande impegno e di importanza fondativa, il 64 e il 65, esaminandoli come rappresentazioni rispettivamente dell’atto di leggere e di scrivere. In entrambi i casi la voce poetica ha marcati connotati di spontaneità. Nel c. 64 il carattere di improvvisazione del racconto è funzionale al costituirsi di più livelli di lettura, che si determinano, per differentiam, in rapporto al modo in cui il narratore legge le immagini sulla coperta nuziale esposta nell’atrio della reggia di Farsalo, nel cuore del mondo eroico. Nel c. 65 la messa in scena dell’atto di scrivere, fatto coincidere con il superamento di una crisi creativa, è l’effetto di una esperienza di lettura – la più ravvicinata che si possa immaginare, la lettura del traduttore “fedele” – grazie alla quale la persona loquens ha assimilato in profondità uno stile: questa interiorizzazione è la premessa e la condizione al contempo del modo in cui prende forma il biglietto di accompagnamento al munus poetico per Ortalo (c. 66). Nel c. 64 e nel 65 la dialettica del leggere e dello scrivere – e, per così dire, la sua messa in scena – è funzionale a rimotivare la poetica di un genere portato da Callimaco a una perfezione “moderna”, così giustificandone l’appropriazione in un nuovo contesto, con nuove prospettive, da parte di un poeta latino.

 

n. 21
ALESSIA MORIGI, Bononia 2.0. Identità urbana, urbanistica antica, progettazione contemporanea, Cesena 2016, pp. 192, euro 38,00, ISBN 978-88-96240-72-4.

Il volume muove dal presupposto archeologico come prerequisito dell’identità collettiva e trova la sua ragion d’essere nello stallo dell’archeologia intesa solo come, pur legittimo, condizionamento vincolistico e, per contro, nel suo potenziale utilizzo come volano di un’innovazione consapevole, che costruisca lo sviluppo futuro su geometrie e preesistenze variabili nelle forme ma non nei significati. Archeologia, dunque, non solo come riferimento conservativo ma piuttosto come strumento propulsivo di processi di trasformazione già in corso in termini di piani e programmi strategici, che la conoscenza e corretta interpretazione del paesaggio possono sottrarre a derive progettuali autoreferenziali o eterodirette. Il volume getta un ponte tra archeologia e architettura, nella consapevolezza che il paesaggio contemporaneo, urbano e non, si sostanzia di contenuti storici ma anche di saperi attuali che, nell’intreccio delle reciproche competenze, possano poggiare la cultura progettuale su solide fondamenta di contenuto ma anche sollecitarne l’espressione sana e creativa sul terreno condiviso del rispetto di una comune identità. In questo senso, il prodotto finito del progetto sulla città può nascere dall’intreccio tra urbanistica antica e progettazione urbana contemporanea, cioè i due limiti che marcano il bipolarismo perfetto della città fotografata nel suo, non sempre visibile, moto perpetuo. A questo diverso modo di spendere le competenze archeologiche, proiettate nell’orizzonte futuribile della costruzione e amministrazione del paesaggio nel rispetto, non ottuso ma filologicamente rifondativo, del suo disegno antico, vuole offrire un contributo questo saggio. Il focus ricade, non a caso, sul sofisticato sistema paesaggio emiliano, nel quale l’erosione a scopo industriale del terreno rischia di chiudere la ricerca scientifica sull’antico, e in particolare su Bononia, nella quale le recenti linee guida di interpretazione e programmazione dello spazio contemporaneo includono il concetto di identità come valore aggiunto dell’abitare.

 

n. 22
SIMONE GIBERTINI, Nota dulcissimam epistolam. Properzio nel Codex Traguriensis, Cesena 2018, pp. 502, euro 38,00, ISBN 978-88-96240-82-3.

Il manoscritto Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 7989 è molto celebre in quanto unico testimone del più ampio frammento dei Satyrica di Petronio, la cena Trimalchionis. Fu prodotto da uno scriba non ancora identificato in Italia, tra il 1423 ed il 1430, e fu riscoperto da Marino Statileo alla metà circa del XVII secolo nella biblioteca della famiglia Cippico a Traù, l’odierna Trogir in Dalmatia: perciò fu soprannominato codex Traguriensis. Oltre alla cena e agli excerpta vulgaria di Petronio, trasmette le opere dei tresviri amoris, ovvero Tibullo, Properzio e Catullo, una lettera delle Heroides di Ovidio, il Moretum attribuito a Virgilio ed il carm. min. 23 (Phoenix) di Claudiano.
Il libro contiene la descrizione e la storia del manoscritto, le osservazioni critiche al testo di Properzio, la trascrizione e l’analisi delle correzioni, delle annotazioni e dei segni di lettura delle due mani che intervengono in questa sezione del codice: lo stesso scriba in due momenti diversi e l’umanista croato Marko Marulić. In questo modo l’Autore tenta di ricostruire la fisionomia intellettuale del dotto, forse un umanista, che si cela dietro «that mysterious manuscript» (così Albinia Catherine de la Mare, 1976).

n. 23
PAOLO CUGUSI, M. TERESA SBLENDORIO CUGUSI, Carmina latina epigraphica non-bücheleriani delle Galliae (CLEGall), Cesena 2019, pp. 185, euro 38,00, ISBN 978-88-96240-86-1.

Si tratta della prima raccolta di CLE dedicata monograficamente alle Gallie. Integra il materiale gallico raccolto (unitamente a quello delle altre province dell’Impero) nella silloge teubneriana di F. Bücheler – E. Lommatzsch del 1895-1897, 1926 e nel saggio di H. Belloc (Caen 2006). L’opera si apre con una breve Introduzione, dedicata alla cultura epigrafica dell’area gallica quale traspare dai carmi su pietra. Segue il nucleo del saggio, articolato in due parti: nella prima sono editi continuativamente i testi, nella seconda i relativi commenti presentati nello stesso ordine dei testi. I carmi della macrorea raccolti sono 100, in numerazione continua, suddivisi, nell’ordine, tra Gallia Narbonensis, Alpes, Aquitania, Gallia Lugdunensis, Gallia Belgica; all’interno delle singole regioni sono presentati prima i carmi sicuri, poi i commatica, infine i testi di incerta metricità. A conclusione vengono presentati, in blocco unitario, gli aliena (carmi costituiti da semplici citazioni di auctores), in buona parte virgiliani. Poiché i carmi gallici editi nella raccolta bücheleriana ammontano a circa 200, l’aggiunta risulta cospicua; l’arricchimento è, proporzionalmente, maggiore nella Belgica rispetto alle altre aree. Nell’ultima sezione, Appendice, sono editi pochissimi tituli di significato incerto, che è difficilissimo decidere se siano composti in versi o in prosa. Chiudono il volumetto gli indici d’uso.

n. 24
PAUL MAAS, Metrica greca, III ed. italiana, a cura di ALFREDO GHISELLI; aggiornamento di MARCO ERCOLES, Cesena 2016, pp. 267, euro 24,00, ISBN 978-88-96240-68-7.

Viene riproposta la ristampa anastatica della traduzione con note della Griechische Metrik di Paul Maas che l’autore diede alle stampe nel 1979. Il libro, seppur datato (prima edizione tedesca 1927), resta un caposaldo per tutti gli studiosi di metrica. Alle due pagine di aggiunte e correzioni da parte del traduttore si unisce un aggiornamento a cura di Marco Ercoles che, a partire da Maas, ha preso in esame tutto il materiale successivo (bibliografia e papiri) fornendo un quadro puntuale dello stadio attuale degli studi di metrica.

n. 25
SILVIA CONDORELLI, Tra Gallia e Italia sulle tracce di Catullo. Echi del Veronese nella poesia del VI secolo, Cesena 2022, pp. 220, Euro 38,00, ISBN 979-12-80150-29-5. 

 

Il volume indaga le tracce di echi catulliani nella poesia del VI secolo: in assenza di testimonianze dirette della circolazione del testo di Catullo dopo il V secolo, questo studio segue una linea di ricerca tesa a fornire indicazioni circa la trasmissione del testo attraverso la sua ricezione. Il segmento cronologico oggetto di ricerca assicura la continuità tra Tarda Antichità e Medioevo, accreditando, implicitamente, la presenza di Catullo in secoli in cui si ritiene che essa sia evanescente; l’attenzione si concentrando sugli echi rilevati nella poesia di area gallica e italiana del VI secolo, nella convinzione che questo possa costituire una sorta di osservatorio privilegiato. In Gallia si forma dopo la metà del VII secolo l’antologia testimoniata dal Thuaneus, e nell’Italia settentrionale, forse proprio a Verona, comparve il deperditus codice V, che intorno al ‘300 fu la fonte delle citazioni catulliane nel Compendium moralium notabilium di Geremia da Montagnone, ma anche in altri testi della medesima area geografica. Nel contesto di una cultura fondata su una solida institutio scolastica, i poeti del VI secolo presi in considerazione si rivelano testimoni della circolazione di Catullo in un momento storico in cui il testo del Veronese è escluso da una ricezione diffusa, ma, evidentemente, è presente nelle letture di alcuni autori che, anche grazie ai loro legami familiari e culturali, mantengono vivi i contatti con la tradizione classica e hanno accesso a un ricchissimo patrimonio librario che in gran parte ci sfugge. In questo contesto si collocano gli echi della poesia di Catullo, testimoniando la vitalità del modello poetico, l’efficacia espressiva della sua lingua, la permanenza di valori e di temi poetici, appannaggio oramai di pochi, traccia di una cultura che va ben oltre l’orizzonte “canonizzato” dalla tradizione scolastica.

La monografia è vincitrice del Praemium Urbis 2023 nell’àmbito del LXXIV Certamen Capitolinum, bandito dall’Istituto Nazionale di Studi Romani sotto gli auspici di Roma Capitale e del Ministero della Cultura.

 

n. 26
PIERGIUSEPPE PANDOLFO, L’elegia 2,1 di Tibullo. Introduzione, traduzione e commento, Cesena 2022, pp. 168, Euro 38, ISBN 979-12-80150-54-7.

Il libro è dedicato alla prima elegia del secondo libro di Tibullo. La complessità compositiva, la ricchezza dei temi e l’innovatività linguistica riscontrate in Tib. 2,1 hanno progressivamente fatto emergere la necessità di uno studio organico e autonomo che mettesse in luce lo statuto peculiare di questa elegia proemiale all’interno dell’opera di Tibullo, riflettendo sulle ragioni alla base di questa specificità.
Il mio lavoro non intende certo sottrarsi al dibattito critico intorno al rito descritto in questa elegia, generalmente identificato con gli Ambarvalia, ma il suo obiettivo principale non è tanto lo studio antropologico-culturale della cerimonia in sé, quanto l’analisi della lingua e dello stile di Tibullo in questo contesto cultuale, alla luce del modello compositivo ‘mimetico’ utilizzato dal poeta.
Si auspica che il presente commento, accompagnato da una traduzione dell’elegia in metrica barbara, possa contribuire a una complessiva rivalutazione critica di Tibullo, al fine di mostrare come la parole di Tibullo abbia condizionato la langue poetica latina e restituire così il poeta, considerato dagli antichi il princeps degli elegiaci ma non percepito come tale dalla sensibilità critica moderna, alla sua centralità nella cultura letteraria romana.

 

FUORI COLLANA
ALFREDO GHISELLI-MARIELLA BONVICINI, Grammatica breve della lingua latina. La centralità di Roma, Cesena 2015, pp. 213, euro 24,00, ISBN 9788896240571.

 

Il volume propone una grammatica brevissima della lingua latina per chiunque, giovane o vecchio, volesse per necessità o interesse accostarvisi anche senza averla studiata nel percorso scolastico precedente. L’esposizione è assolutamente elementare, ogni parola limpidamente spiegata e fornita di etimologia, la finalità è la traduzione dei testi antichi. Nella pagina di sinistra è proposta la grammatica normativa, in quella di destra figurano approfondimenti e chiarimenti a partire dall’evoluzione della lingua: frammenti di latino arcaico, trasformazioni, origini e sviluppi, rapporti con il greco, complessità di vario tipo, ecc. Due glossari riepilogano i termini tecnici grammaticali e i nomi delle più importanti figure retoriche. Un’appendice conclusiva (La centralità di Roma) sintetizza l’importanza fondante di questa civiltà dalle origini alla nascita delle lingue romanze.